Dalla parte de li fricacci

L’antefatto, prima della pandemia

Un luogo dove s’incontravano clandestinamente i tredicenni a Porto San Giorgio è a cinquanta metri dal trenino, le interazioni con questi ragazzi sono pari a zero, ma compaiono delle scritte sulle pareti del centro sociale e non sono carine. Alcuni ragazzi del liceo artistico, più grandi, mangiano al CSA il lunedì, seduti a fianco a chi gli cucina un buon piatto di pasta a meno del prezzo di un panino, i minorenni non possono bere vino, ma ci si da del tu. Con i fricacci del piazzale invece, il dialogo è zero.

Sono loro che alla fine, incuriositi, entrano nel cancello e vanno a fumare sigarette in fondo al giardino, noi siamo dentro e non sappiamo bene che fare, mettiamo della musica fingendo che sia per noi, unx di noi ci va a parlare, è ventenne e potrebbe farcela, ma poi li lascia in pace. Il tutto sembra una scena di un film sugli incontri ravvicinati con gli alieni.

Alla fine qualcosa accade, mentre nessuno lo osserva uno di loro prende un palo di legno a calci e lo divelle, qualcun’altro ruba un lucchetto. Cerchiamo di parlare con due ragazze, siamo abbastanza arrabbiatx. Riusciamo a non sbalordire quando queste due, vestite e truccate come donne più grandi, ci dicono che fanno la seconda media e ci danno una lezione: “è un idiota, rompe sempre tutto quello che trova, lo fa per farsi notare dalle ragazze, ma a noi fa pena.” (per il resto omertà assoluta su chi fosse il responsabile del gesto).

Noi abbiamo considerato quest’esperienza un fallimento totale, il nostro scopo è trovare sodali, far amare lo spazio, renderlo disponibile in modo che le persone giuste ci facciano le cose giuste, in modo che lo difendano, che imparino a stare assieme. Quella volta non l’abbiamo saputo fare.

Non consola, ma noi a confronto dei nostri concittadini, quanto alla comprensione delle dinamiche giovanili, siamo degli scienziati missilistici.

Durante la pandemia:

Senza entrare nel merito della questione, è un dato di fatto che le misure di contenimento della Sars-Cov-2 sono state rivolte a salvaguardare gli anziani e a consentire alla macchina economica di continuare a girare, fine. Il resto si arrangi, stringa i denti. Visti come untori che uccidono il nonno portando il virus a casa, ai fricacci è stato detto di mettersi davanti ad un monitor, rinunciare ad ogni forma di socialità nel mondo reale, a tempo indeterminato e zitti che la situazione è seria. Gli adulti invece non hanno più smesso di cianciare e di piangere, ognuno le proprie lagne, gli occhi offuscati di lacrime non riescono a vedere il dolore altrui.

Ad ogni apertura della coltre di autoreclusione, mentre i più grandicelli andavano a farsi gli spritz, ma sempre nella generale riprovazione di coloro a cui il ghiaccio nelle bevande provoca dolore ai denti, i ragazzini si gonfiavano di botte, da Bolzano a Caltanisetta. Le risse e i pestaggi hanno pagine Facebook dedicate, i sociologi parlano di mancanza di valori. Intanto i fricacci colpiscono alla cieca, le faide tra paesi partono sui social network e scelgono terreni di scontro neutrali, come Porto San Giorgio, dove ogni sabato si svolge la Royal Rumble Montepulciosi contro Montepiducchiesi, i wrestler invece di spaccare le sedie rompono le fioriere.

Come gli uccelli nelle gabbiette che i minatori tenevano vicini per svelare le fughe di gas, ovvero come creature sacrificali, i fricacci sono quelli che sentono per primi il male che arriva. Gli operatori sociali di tutt’Italia hanno denunciato un aumento importantissimo di suicidi tra i teenager, atti di autolesionismo diffusi, violenza. Dev’essere senz’altro la mancanza di valori.

Tra tutta quella violenza, insensata o meno, una vetrina di Gucci a Firenze o a Torino viene sfondata. Ops, evidentemente in quel caso qualche considerazione sul valore è stata fatta.

Nel frattempo c’è preoccupazione tra gli operatori economici della riviera, anche tra quelli che vendono alcol ai minorenni il sabato pomeriggio: s’invoca la repressione, le telecamere, la polizia, la finanza con i cani. Anche un rampante politicuccio locale invoca il giro di vite, uno che sta compiendo una sua devoluscion personale: da testuggine a ranocchia, in un percorso a ritroso dalla condizione di mammifero che forse lo riporterà nel mare primordiale dei fascistelli, prossimo passo tritone, poi paramecio, ma un paramecio inflessibile, tutto legge e ordine (una volta si limitavano a mettersi il doppiopetto).

Ed ecco che al gran coro di “c’hanno da fa li genitori” il weekend sulla riviera s’è tinto di repressione, camionette e controlli, un teatro della sicurezza e del decoro, che farà pagare il prezzo a qualche capretto espiatorio che non ha un papà con gli avvocati costosi, magari uno di quelli che parla il dialetto ma non ha cittadinanza. Nel frattempo 200000 giovani ogni anno lasciano questo paese, facendo il gesto dell’ombrello.

Uno di questi expat, un tale Filippo Faraotti da Roskilde, Danimarca, ha scritto un articolo nelle pagine di Jacobin Italia intitolato “la guerra ai giovani”, spiegando che: “i dati OCSE-PISA suggeriscono una correlazione tra divario socio-economico e performance degli studenti. <<Gli studenti socio-economicamente avvantaggiati hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli studenti svantaggiati di 75 punti in lettura.>>”. E’ riportato nel post scriptum ma anche il resto vale la lettura, si parla di Galimberti e di Umberto Eco, di semiotica: interpretanti emotivi (i boomer) contro interpretanti energetici (i fricacci che scendono in piazza per i fridays for future). Consigliamo la lettura: La guerra ai giovani – Jacobin Italia

Siamo spiacenti, ma alla vostra emotività preferiamo la loro energia, reprimeteli e capiranno da che parte state e in che classe sociale sono, capiranno quali opportunità gli avete lasciato, quale fetta di torta gli spetta, fate… fate…

Noi intanto cercheremo di capire quali sono le parole, la prossima volta che faranno capolino.

p.s. la foto è presa sullo scivolo della pinetina nord, l’autore della scritta è sconosciuto.

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